giovedì 17 settembre 2009

Una canzone: "Ribelli di Vandea"

Ride la piazza ed urla
al sangue che colora
il collo dei soldati
fedeli alla Corona,
che sopra i ceppi han’ baciato
i gigli dell’onore,
che col sorriso han’ gettato
di sfida un guanto ancor.

Siam del Re,
ladri e cavalieri,
nella notte noi andiam
il vento freddo del terrore
non ci potrà fermar.


La fede che noi
serviam con onor
dentro ai nostri cuor risplende
come un bel simbolo d’Amore
che al tron ci legò.
Spade di Vandea,
falci della boscaglia,
baroni e contadini,
ci aspetta la battaglia,
per giustiziar chi tagliò il giglio
là sulle ghigliottine,
per riabbracciar il sole di Francia
sulle nostre colline.

Siam del Re,
ladri e cavalieri,
nella notte noi andiam
il vento freddo del terrore
non ci potrà fermar.


Se un rosso fior
nasce in petto a noi,
è sangue di chi crede ancor,
di chi combatte i vincitor,
di uomini d’onor.
Nei cieli devastati
da giudici plebei,
dall’odio dei tribuni,
dal pianto degli dèi,
sbocciano i fior che i cavalieri
portano su i mantelli
son bianchi gigli che han’ profumato
il canto dei ribelli.

Siam del Re,
ladri e cavalieri,
nella notte noi andiam
il vento freddo del terrore
non ci potrà fermar.

martedì 15 settembre 2009

Una pagina di teatro: "Coriolano", di William Shakespeare

Menenio
Salve, nobile Marzio.

Marzio
Grazie. Che c'è, cani ringhiosi, che a forza di grattarvi i pizzicori ideologici, vi siete fatti tutta una rogna?

I° Cittadino
Sempre una buona parola, voi.

Marzio
Chi avrà buone parole per voialtri sarà un adulatore peggio che ripugnante. Che cosa pretendereste, razza di cani, inadatti alla pace come alla guerra, ché l'una vi atterrisce l'altra vi ringalluzzisce? Chi confidasse in voi, troverebbe poi lepri dove s'aspetta leoni e dove volpi, oche. Non siete più sicuri, no, di un carbone acceso sul ghiaccio, né di un ghiacciolo al sole. Tutto quel che sapete fare, è di esaltare chi è carico di colpe e di odiare il giudice che lo condanna. Chi conquista un grado si acquista l'odio vostro; i vostri affetti sono l'appetito del malato, che più desidera quello che più gli nuoce. Affidarsi al vostro favore è come nuotar con pinne di piombo o abbattere una quercia con un giunco. In galera! Aver fiducia in voi, che mutate parere di punto in bianco, e conclamate nobile quello che v'era in odio un attimo prima e vile quello che or ora acclamavate degno di corona! Che avete adesso da schiamazzare in questa o in quella piazza della città contro l'autorità del Senato il quale, dopo gli dèi, è il solo a tenervi in timore, e così a trattenervi dal divorarvi l'un con l'altro? (Ad Agrippa) Che vanno cercando?

Menenio
Grano a buon prezzo, ché — dicono loro — la città ne ha a bizzeffe.

Marzio
In galera. «Dicono loro?» — Sempre acchiocciati davanti al fuoco, stanno; e poi pretendono di sapere che cosa si fa su, in Campidoglio: e chi sorge e chi è in auge e chi declina; combinano fazioni e matrimoni, a vanvera; esaltano i partiti, e quello che non è di lor gusto se lo mettono sotto la suola delle loro scarpe rabberciate. Dicono che del grano ce n'è a bizzeffe. Ah se i patrizi si scordassero un po' della misericordia e mi lasciassero usar della mia spada, a migliaia vorrei squartarmeli questi schiavi e farne un mucchio alto fin dove arriva la mia lancia scagliata in aria.